LA PIEVE

Risalente al sec. XII e realizzata in forme romaniche, progressivamente alterate da successivi restauri (il più radicale quello settecentesco), la millenaria pieve di Monte San Savino risplende delle sue secolari memorie storiche e religiose e di devozione locale.

Quando l’antichissima (sec. VI) pieve posta fuori delle mura attuali di Monte San Savino in loc. Barbaiano (nel luogo ove si trova oggi il cimitero comunale) fu trasferita e ricostruita nell’odierno sito alla fine del sec. XII, essa rimaneva ancora posta fuori delle mura dell’area fortificata dell’Ajalta. Sopravvenuta la distruzione del castello da parte del Tarlati (1325) e seguitane la ricostruzione, le mura del nuovo castello  s’allargarono a comprendere i sobborghi del colle di Sant’Agostino e quindi anche la pieve pur nella sua  posizione abbastanza anomala rispetto all’asse viario principale del paese. Intitolata ai Ss. Egidio e Savino, l’uno titolare l’altro contitolare e patrono del Monte, nel 1494 per indulto speciale di papa Alessandro VI la chiesa venne concessa in giuspatronato alla nobile famiglia Galletti. Risulta ricostruita nel sec. XV dall’arch. Sandro Bambocci, ancora rimodernata nel ‘600 al tempo del pievano A. Cungi e quindi radicalmente rifatta negli anni 1748-49 – poco dopo essere divenuta arcipretura (1747) – per iniziativa del primo arciprete Anton Leone Restorelli, del vescovo d’Arezzo Filippo Incontri e della comunità savinese. Quando il titolo parrocchiale (1813) e poi quello di arcipretura (1818) furono trasferiti alla vicina chiesa di Sant’Agostino, la pieve venne affidata alla compagnia del SS. Sacramento trasformatasi nel 1851 nella  confraternita della Misericordia che ancor oggi ne ha la cura.

Posta all’incrocio di c.so Sangallo, lungo il quale si allunga il suo fianco sin, con la via della Misericordia, su cui dà la facciata, ha una pianta ad aula rettangolare. La facciata è aperta da un portale con architrave e pilastri laterali, e da due finestre con sguinci  sovrastate da un rosone; l’abside è unita ad altre costruzioni. Sul fianco sin, sul corso, si trovano tre finestre, una porta chiusa e un portale d’accesso (sopra quest’ultimo è uno stemma Galletti): a sin di questo portale si trovano una “croce gotica”, appoggiata su un cantone, e, incisa su una delle pietre della parete, la curiosa iscrizione rifatta la ruga maestra dalla porta fiorentina a tutta la porta romana l’anno 1784 e 85 che ricorda il rifacimento del lastrico degli attuali c.so Sangallo e v. Roma. Sul fianco ds della chiesa, anch’esso aperto da tre finestre con sguinci, si trova il caratteristico campanile a torre la cui parte sommitale termina in una guglia con cinque pinnacoli (uno al culmine e quattro sopra la cornice di coronamento) costituiti da tre monticelli. Sopra l’arco della porta del campanile è uno stemma con un caprone e un giglio la cui iscrizione accenna a un ludovicus farolvini plebanus · mcccxxiiii.

Interno. Navata unica con tetto a capriate lignee, sei altari laterali ed altare maggiore con volte a vela; ai lati di quest’ultimo sono due coppie di colonne che lo dividono da due cappelle con volte a crociera. Nella controfacciata, cantoria su loggia con tre archi ribassati sorretti da due colonne e con stemma Orsini. Già di stile gotico, l’interno fu radicalmente rifatto nel 1748-49 nelle attuali forme con stucchi e finti marmi policromi dal maestro varesino Pietro Materno Speroni direttore dei lavori promossi da Anton Leone Restorelli pievano e poi primo arciprete. I restauri hanno riportato alla luce un fregio affrescato, che corre in alto per tutto lo sviluppo della chiesa, e vari altri frammenti di affreschi nelle cappelline absidali.

  • Sopra il portale laterale d’ingresso, lapide del 1749, posta sotto due stucchi con le armi Incontri e Restorelli, la cui iscrizione latina ricorda come A. L. Restorelli pievano dell’epoca poté promuovere i lavori di rifacimento della chiesa grazie alla munificenza della comunità, del vescovo d’Arezzo Filippo Incontri e sua personale e come egli fosse creato, in quell’occasione, primo arciprete della chiesa.
  • 2° altare sin. Tela raffigurante La Madonna del Rosario (o del Carmelo?), san Carlo Borromeo ed altro santo di Astolfo Petrazzi (1580-1653), pittore senese dal caratteristico stile misto di tardomanierismo e realismo caravaggesco.
  • 1° altare sin. L’altare è opera dello Speroni realizzata a spese della corporazione dei calzolai (in alto ne è visibile lo stemma). La pala con La SS. Vergine e i Ss. Agnano, Filippo Neri e Antonio da Padova di Domenico Sozzini (2ª metà del sec. XVII), considerata la migliore opera di questo artista paesano, comprendeva originariamente, nella parte sin, anche i Ss. Crispino e Crispiniano, protettori dei calzolai, di uno solo dei quali oggi s’intravede parte del volto dopo l’adattamento della tela alle ridotte misure del nuovo altare settecentesco. «Le fisionomie, specialmente quella della Madonna, sono cortonesche ma nell’insieme il dipinto rispecchia la cultura classicistica romana». Il tondo soprastante con S. Francesco di Paola è di Francesco Bonichi (sec. XVIII), pittore aretino.
  • Sotto la cantoria, monumento funebre di Fabiano Ciocchi di Monte (1421-1498) giureconsulto, padre del card. Antonio e avo di papa Giulio III. Già posto accanto all’altare maggiore, questo monumento in pietra serena fu smontato e riadattato, scompostamente e mancante d’alcune parti, ove oggi si trova durante i lavori del 1748-49 (in quell’occasione lo Speroni eseguì l’arme in stucco dei Di Monte posta sopra l’epigrafe latina). Attribuita al Sansovino che la avrebbe condotta a termine entro l’anno 1500, «l’opera si ispira ai monumenti romani del quattrocento e segue lo stile di Andrea Bregno e lo schema delle sepolture con il defunto entro un’edicola trabeata». La statua rappresenta Fabiano con la berretta e la zimarra dottorali, il capo poggiato su un morbido cuscino realizzato con estrema finezza e gli avambracci e le mani posati su un codice reso con dovizia di particolari. Il fregio della trabeazione del monumento presenta delfini, tridenti, conchiglie e fiori, mentre i pilastrini sono ornati con festoni di frutta, piccoli scudi e con lo stemma Ciocchi di Monte. Nell’iscrizione, l’allora vescovo di Città di Castello e luogotenente della Sacra Rota, Antonio Di Monte, pone la dedica a suo padre Fabiano ivrisconsvlto rarissimo e sacrae concistorialis avlae advocato celeberrimo.
  • Controfacciata. Sopra la loggia, cantoria con monumentale organo incassato in una struttura di legno intagliato e dorato con architrave e timpano spezzato con stemma Cungi centrale. È stato ritenuto plausibile attribuire all’organaro senese Giovanni Piffero il nucleo centrale dello strumento (1506), «riutilizzato nel successivo strumento seicentesco, del quale abbiamo oggi la splendida cassa». Venne restaurato nel 1998.
  • 1° altare ds. Pala di Orazio Porta (fine sec. XVI) con i Ss. Pietro e Paolo apostolo rappresentati con i loro specifici simboli (le chiavi e la spada rispettivamente): tela molto vicina alla cultura raffaellesca conosciuta dall’autore a Roma (al lato inferiore sin del dipinto, un’iscrizione con stemma Restorelli ricorda l’adattamento che ne fece l’arciprete al nuovo altare dello Speroni). Sulla mensa dell’altare è posta un’oleografia in legno dorato con Maria SS. del Rosario di Pompei (sec. XIX). Sopra la pala, tondo settecentesco di F. Bonichi con S. Filippo Neri e S. Giuseppe Calasanzio (quest’ultimo è il fondatore delle Scuole Pie). Sotto l’impostazione del tetto, in corrispondenza di questo altare, è visibile uno stemma Galletti in affresco.
  • 2° altare ds. Quadro con La nascita della Vergine di autore sconosciuto: proveniente dalla chiesa della compagnia delle Donne,  richiama il dipinto cortonese dello stesso soggetto dovuto ad A. Allori (†1607). Segue un pulpito di stucco con arme Restorelli, opera dello Speroni.
  • 3° altare ds. Immagine della Madonna della Querce (sec. XVII) in ricca cornice dorata e intagliata. Sopra, ovale con un S. Nicola di Bari di F. Bonichi, realizzato nel 1749 monsavinensivm discipvlorvm ære pio: gli scolari “maggiori” e “minori” del Monte celebravano ogni anno la festa di questo santo quale protettore dei giovani.
  • Stalli dell’antica residenza del magistrato di Fraternita, pregevole lavoro di artigianato ligneo dovuto, come il pendant della parete sin, a Luigi Nofri e Antonio Bonichi (sec. XVIII): sopra lo schienale è una formella in terracotta a bassorilievo con Madonna col Bambino e S. Giovannino, opera di scuola sansoviniana di stile popolare (sec. XVI). Nella nicchia sopra la porta della sagrestia, statua con Ecce Homo.
  • Navatella ds. Sulle colonne, una coppia di angeli reggicandelabri (2ª metà del sec. XVII) di ignoto intagliatore toscano vicino alla cultura berniniana. Alle pareti, frammenti di affreschi con Due angeli reggifiaccola che aprono la tenda di un padiglione e con  un’Annunciazione (della quale restano una lesena con capitello e un lacerto di ala di angelo), databili alla fine del sec. XV e attribuiti a Niccolò Soggi: «il padiglione ricorda la struttura adottata da Piero della Francesca sia nell’episodio del Sogno di Costantino in San Francesco ad Arezzo, sia nella Madonna del Parto» di Monterchi.
  • Altare maggiore.  In stucco a finto marmo, è opera dello Speroni del 1756 e quindi più tarda rispetto ai lavori eseguiti da questo maestro in pieve entro il 1749. Costituito nella parte superiore da quattro colonne che sorreggono un architrave con timpano e cupola decorata in stucco che funge da baldacchino, ha un elegante ciborio in forma di tempietto di stile già quasi neoclassico. L’altare apparteneva alla compagnia del SS. Sacramento. Dietro l’altare, lapide commemorativa con stemma di Santi Salvi che donò alla pieve nel 1666 «le teste dei santi martiri Savino patrono e Vitale compatrono dentro due urne di rame inargentato» .
  • Navatella sin. Sulle colonne, coppia di angeli reggicandelabri (sec. XVII). Alle pareti, resti di affreschi del sec. XVI, fra cui uno stemma Di Monte e un altro stemma con cartella contenente un’iscrizione in memoria di Iacopa di Monte, sorella del papa  Giulio III, dedicatale dai figli Fulvio della Cornia cardinale e Ascanio della Cornia uomo d’arme.
  • Stalli lignei dell’antica residenza della Comunità, opera di Luigi Nofri: sopra lo schienale è una formella in terracotta con San Giovanni Battista e due angeli, opera, come il pendant della parete ds, di scuola sansoviniana d’ambiente provinciale (sec. XVI).
  • 3° altare sin. Opera dello Speroni, l’altare ha al centro un Crocifisso ligneo a tutto tondo policromato e dorato cui  fa da sfondo un affresco con le figure della Madonna e di S. Giovanni. Era l’altare della comunità, curato dalla compagnia dei Ss. Fabiano e Sebastiano: questi due santi sono dipinti nell’ovale sopra l’altare.
  • Nel deposito della Confraternita della Misericordia, i cui uffici si affacciano sulla piazzetta posta sul fianco ds della pieve, si trovano alcuni interessanti dipinti: una Madonna del Rosario di Orazio Porta (sec. XVI); un S. Giovanni Battista e una SS. Trinità di Domenico Sozzini (sec. XVII); Il miracolo delle campane nell’assedio di Monte San Savino (sec. XVIII); un Ritratto del vescovo Alessandro Galletti (1768); un Ritratto di Anton Leone Restorelli di Benedetto Cavallucci (1770).

(R. Giulietti, Monte San Savino Itinerari Storico-Artistici, Ass. Pro-Loco, 2004)

IL MONUMENTALE ORGANO DELLA PIEVE

Organo (1a metà del XVI sec.)
Manifattura Toscana (Giovanni Piffero, 1506 – 1513 ca.)

Collocato sulla parete d’ingresso l’organo è racchiuso in una struttura architettonica, in legno intagliato e dorato. Ai lati delle canne sono accostate due semicolonne scanalate di stile corinzio, una per ogni lato, le quali sorreggono un’architrave decorata da motivi vegetali stilizzati alternati da teste di putti, sopra la quale è appoggiato un timpano spezzato, con al centro uno stemma.

Di grande effetto per la severità del suo impianto architettonico, rientra in un ambiente provinciale aretino. La ricca cornice, di ricordo rinascimentale, è decorata da una serie di elementi ripresi dalla tradizione manieristica fiorentina, ma il tipo elaborato dalla decorazione già seicentesca e la qualità del suo intaglio, contribuiscono a far slittare la sua decorazione, tra la fine del cinquecento e gli inizi del seicento.

La storia

L’organo della Pieve venne costruito nei primi anni del Cinquecento dal maestro Giovanni di Antonio Piffero di Siena, allievo del più celebre Domenico di Lorenzo da Lucca. Le notizie sono state ricavate dalle deliberazioni comunali in quanto fu la Comunità a stanziare  la somma necessaria alla realizzazione dello strumento ed a nominare le persone deputate a sorvegliare il lavoro.
Le prime notizie sono del dicembre 1503 quando si registra un primo stanziamento della Comunità “pro organo fiendi in Pieve” (ASCMSS, Deliberazioni n. 1493, c. 31r.)
Esattamente due anni più tardi venne stanziata un’altra somma di denaro per lo stesso scopo. Nel luglio 1506 vennero elette alcune persone per sovrintendere alla costruzione dell’organo e fu stabilito che nel prospetto dello strumento fosse collocato lo stemma cittadino.
Finalmente il 26 agosto dello stesso anno fu stipulato il contratto con maestro Giovanni Piffero per la realizzazione dello strumento che doveva avere sei registri, cioè il principale di stagno in facciata, iniziante dal Do, l’ottava, la quinta decima, la decima nona, la vigesima seconda ed il flauto.
Il costo sostenuto dalla Comunità per il lavoro fu di 40 ducati d’oro di cui 10 alla stipula del contratto e 30 alla fine dell’opera.

Nel 1510 i lavori non erano ancora conclusi e la Comunità nominò altre persone per seguire l’ultimazione dello strumento.
Tre anni dopo la Comunità effettuò un richiamo al costruttore affinché terminasse la costruzione.
Possiamo quindi concludere che per la costruzione del primo organo della Pieve occorsero ben sette anni.

Lo strumento realizzato da Giovanni Piffero, che fino ad oggi è la prima opera conosciuta del maestro senese, aveva una composizione fonica prettamente rinascimentale, caratterizzata dal ripieno e dal solo flauto, probabilmente in XV.
Da notare che lo strumento, molto probabilmente della misura di otto piedi, aveva una tastiera iniziante dal Do, a conferma dell’uso di questo ambito anche per i primi anni del Cinquecento.
A causa della mancanza di adeguata documentazione nel periodo successivo, non possiamo seguire tutte le vicende dello strumento. Sappiamo soltanto che nella prima metà del Seicento lo strumento di Giovanni Piffero venne inglobato nella cassa attuale.
Secondo alcuni storici la nuova sistemazione venne realizzato a spese del pievano Santi Cungi, in quanto nel frontone si trova intagliato lo stemma nobiliare della sua famiglia.
Nel periodo in cui era pievano Dario Bucci (1692-1725), l’organo venne riparato ed ampliato con l’aggiunta di registri utilizzando lo stagno di alcuni piatti di proprietà del pievano, intervento attribuibile all’organaro fiorentino Carlo Ridolfi e databile all’anno 1702. Precisa infatti nel suo diario manoscritto il pievano Restorelli che sopra la tavola dei registri era incisa la scritta “Carlo Ridolfi fecit MDCII” errando di cento anni in quanto il lavoro del Ridolfi era sicuramente stato effettuato nel 1702 (Biblioteca Civica, Arezzo, manoscritto n. 82, Libro di memorie della Pieve di Monte San Savino scritte dal pievano Anton Leone Restorelli e da successori).
Nel 1732 l’organo venne restaurato dal lucchese Domenico Francesco Cacioli. Contribuì alla spesa l’Opera del SS. Sacramento che officiava nella Pieve.
Nel 1749 lo strumento fu accomodato dal frate minore osservante Pier Fortunato Falli di Pieve a Remole, maestro di cappella a Foiano, esperto organaro, con la spesa di 12 scudi.
Alcuni anni più tardi, verso il 1754, l’organo fu ancora ripulito dal senese Carlo Perugini, che in quel periodo stava costruendo uno strumento per la chiesa di S. Giuseppe.
Sempre dai ricordi manoscritti del pievano Anton Leone Restorelli, sappiamo anche che nella seconda metà del XVIII secolo fu rifatta la tastiera con tasti di osso a spese del maestro di cappella Giuliano Sestini.
Tra il 1781 e il 1782 vennero fatti accomodare i mantici. Alla spese parteciparono anche i confratelli della Compagnia del Rosario che officiava nella Pieve.
Nella prima metà del XIX secolo l’organo fu oggetto di un intervento abbastanza rilevante di restauro ed ampliamento ad opera del maestro Francesco Pellegrini di Serre di Rapolano, che appose un cartiglio nella secreta del somiere, dove appare una data semi illeggibile che potrebbe essere 1817 o 1827.
Nel 1839 l’organo fu oggetto di un importante restauro ed ampliamento da parte di Michelangelo Paoli di Campi Bisenzio che comportò una spesa di oltre 150 scudi. Con l’occasione fu ricostruita la registratura e fu aggiunto il registro del cornetto a tre file di canne.
Verso la metà dell’Ottocento la gestione della Pieve passò alla Confraternita della Misericordia.
E’ proprio attraverso i verbali di questo pio sodalizio che apprendiamo di un altro importante intervento di restauro effettuato sull’organo nel 1885 ad opera del maestro Luigi Vieri di Arezzo per la somma 300 lire.
I confratelli, inizialmente, volevano addirittura rinnovare completamente l’organo a causa del suo pessimo stato di conservazione, ma per la mancanza di adeguate risorse finanziarie rinunciarono all’acquisto di un nuovo manufatto e si limitarono a far riparare quello antico.
Recentemente, dal 1996 al 1998 è stato realizzato il recupero del monumentale organo affidando i lavori a Riccardo Lorenzini di Montemurlo, che, studiando il materiale ha ricondotto la paternità dello strumento  al Maestro Senese.  Il recupero delle caratteristiche originali dello strumento, reso possibile a causa della scomparsa di tutto il materiale fonico interno delle aggiunte, ha messo in evidenza la più antica opera che a tutt’oggi si conosca del Maestro Giovanni di Antonio Piffero di Siena.

Descrizione

Cantoria in pietra e muratura nella controfacciata sorretta da due colonne in pietra. Parapetto diritto con stemma in pietra. Organo monumentale con cassa riccamente intagliata e sagomata. Il frontone termina in un timpano spezzato con al centro due punti che sorreggono uno stemma raffigurante un albero, appartenente alla famiglia Cungi. Il frontone è sorretto da due colonne a tutto tondo scanalate culminanti in capitelli compositi. La cassa è in legno grezzo e sembra stata sverniciata nella prima metà del XX secolo.

Mostra a cinque campate di canne (5-11-5-11-5), divise da lesene intagliate con motivi floreali e sostenute da legature intagliate con teste di putti. Sopra la seconda e quarta campata vi sono due organetti morti di cinque canne ciascuno.
Collocato su cantoria in controfacciata , in cassa lignea seicentesca addossata alla parete.
Tastiera cromatica di 44 tasti da Do1 a La4 (priva del Do#1 e Sol#4).
Pedaliera a leggìo di 12 tasti (Do1-Do2), priva del Do#1, sempre unita al manuale.
Registri comandati da manette a scorrimento verticale.

Principale (8’, raddoppiato da Mi2)
Ottava (4’, raddoppiata da Mi2)
XV (2’, raddoppiata da Mi2)
XIX-XXVI (1’1/3 – 2/3’)
XXII – XXIX (1’ – ½’)
Flauto in XV (2’)

Somiere maestro a vento (6 pettini e 44 canali).

Due mantici a cuneo a 5 pieghe sporgenti.

Appartengono alla configurazione di Giovanni Piffero ( ca.1513) ventiquattro canne del Principale di facciata contrassegnate con notazione e/o numerazione graffita originale, il somiere maestro con le forature dei raddoppi, la tavola di catenacciatura del manuale (con la maggior parte dei catenacci), il telaio della tastiera e la carpenteria di sostegno (cavallo).

Il ripristino del corpo fonico, effettuato durante il restauro del 1998, è fondato sulle indicazioni fornite dal somiere maestro e dall’elaborazione delle misure delle canne superstiti messe a confronto con quelle rilevate sugli strumenti conservati a Siena in S. Maria della Scala e nel Palazzo Pubblico.

La presenza delle numerazioni e delle tracciature originali presenti sulla tavola di riduzione, unitamente a quelle relative alla proiezione dei bracci dei catenacci rinvenute sul telaio della tastiera hanno permesso di ripristinare quest’ultima nella primitiva estensione cinquecentesca. Le diverse lunghezze dei bracci dei singoli catenacci (anch’essi originali) determinano, nel contesto della trasmissione del movimento dal tasto al ventilabro, un rapporto di riduzione che consente all’esecutore di esercitare un’apprezzabile influenza sull’apertura del ventilabro e di conseguenza anche sul transitorio di attacco del suono.

Corista: 494 Hz a 20°C; pressione del vento: 54 mm di colonna d’acqua; temperamento mesotonico ¼ di comma.

ARCHIVIO STORICO

Ubicato presso la sede dell’associazione, l’archivio comprende documenti contabili, verbali di consiglio ed incartamenti di vario genere. L’archivio è stato oggetto di analisi e riorganizzazione da parte di esperti del settore al fine di ottimizzarne le funzionalità ed esaltarne l’importanza.

BENI ARTISTICI

L’Associazione vanta numerosi artefatti di notevole valore artistico (quadri, statue, mobili antichi ecc) esposti presso la propria sede, nella vicina Pieve di Sant’Egidio e Savino e nella Pinacoteca Comunale.

Oggetto: dipinto su tela
Soggetto: San Sebastiano
Epoca: prima metà del secolo XVII
Autore: attr. Ulisse Giocchi (156- 1631)
Tecnica o materia: olio su tela
Misure: cm. 142 x cm. 93
Cornice: coeva in legno laccata di nero e profilatura dorata
Ubicazione: confraternita della Misericordia, Monte San Savino (Ar)

L’opera si trovava in pessimo stato di conservazione;il recente restauro ha restituito al dipinto una stabilità conservativa oltre ad una certa godibilità estetica, pur non completa a causa delle gravi ed estese perdite di materia pittorica .

Il dipinto è ascrivibile ad un pittore toscano attivo alla fine del secolo XVI.

Certe caratteristiche stilistiche  conducono ad una  attribuzione al pittore savinese Ulisse Giocchi (Ciocchi), soprannominato per la sua deformità, il Gobbo.

Dell’artista rimangono  numerose opere in varie chiese dell’aretino e a Firenze Fu collaboratore del Poccetti  e lavorò assiduamente per  l’Ordine degli Agostiniani. Considerato un modesto rappresentante  della cultura figurativa di stampo vasariano, la sua pittura è degna di nota per una sua “ Maniera” pietitistica, di mite devozione, non priva di  attrazioni verso le novità figurative  baroccesche  e  fiamminghe.

Oggetto: dipinto su tela
Soggetto: Canonico Antonio Leone Restorelli
Epoca: datato 1770
Autore: firmato  Benedetto Cavallucci,  attivo intorno alla  seconda metà del sec. XVIII
Tecnica o materia: olio su tela
Misure: cm.85 X 72 cm.;cornice: cm. 102 x cm. 80
Cornice: lignea dipinta e dorata
Ubicazione:Confraternita della Misericordia, Monte San Savino (Ar)

Ritratto ufficiale del primo Arciprete di Monte San Savino, Pronotario Apostolico e Vicario  Antonio Leone Restorelli.

Il dipinto, di discreta qualità pittorica, presenta lo stemma Restorelli e all’interno di un cartiglio il nome dell’autore del quadro, Benedetto Cavallucci, di cui non esistono attualmente molte notizie; è presente inoltre la data, 1770,  nonché l’età del personaggio ritratto (65anni). Il Restorelli nacque infatti nel 1705 e morì  nel 1786.

L’opera ha soprattutto un valore  documentario per la storia della cultura e dell’arte locale di Monte San Savino.

Oggetto: dipinto su tela
Soggetto: Presentazione  di Gesù al tempio
Epoca: circa 1583
Autore: Orazio Porta  ( 1540-1612)
Tecnica o materia: olio su tela
Misure: cm.125   X cm.97
Cornice: coeva,modanata in legno dipinto
Ubicazione: Confraternita della Misericordia, Monte San Savino (Ar)

Il dipinto raffigura l’episodio evangelico  della Presentazione di Gesù al Tempio di Gerusalemme da parte di  Maria e Giuseppe.

Il vecchio Sacerdote Simeone, accoglie dalle braccia di Maria il Messia, mentre Giuseppe tiene una cesta  con dentro due colombi che alludono al tema della Purificazione.

L’opera, di pregevole qualità, è  ascrivibile al pittore savinese  Orazio Porta, allievo di Giorgio Vasari e da lui stesso inserito nel novero dei suoi stretti collaboratori che lo aiutarono nella vasta decorazione della Sala dei Cinquecento in Palazzo Vecchio a Firenze. La sua pittura è tipica dell’epopea tardo manierista,stilisticamente rimarrà sempre fedele alla maniera pastosa e ben disegnata dei fiorentini.

Oggetto: dipinto ovale su tela
Soggetto: Presentazione di Maria al tempio
Epoca: seconda metà secolo XVII
Autore: ignoto pittore  di ambito  locale
Tecnica o materia: olio su tela
Misure: cm.125 X 97 cm
Ubicazione: Confraternita della Misericordia, Monte San Savino (Ar)

L’ovale dipinto rappresenta l’episodio evangelico della ” Presentazione di Maria al tempio.”

La piccola Maria è raffigurata mentre sale i gradini del tempio, è attesa sulla sommità dal gran sacerdote Zaccaria , sono presenti anche Giovacchino, suo padre,  sua madre Anna e altri testimoni. Di gradevole qualità il dipinto è riferibile alla seconda metà del secolo XVII  e ad ignoto pittore i cui stilemi rimandano ad un ambito locale.

Oggetto: dipinto su tela
Soggetto: Miracolo delle campane nell’assedio di Monte San Savino
Epoca: primi decenni della seconda metà del secolo XVII
Autore: Domenico Sozzini, attivo intorno alla metà del secolo XVII
Tecnica o materia: olio su tela
Misure: cm.180  X  cm.125
Ubicazione: Confraternita della Misericordia, Monte San Savino (AR). (codice 0482)
Cornice: coeva in legno, laccata di nero con decorazioni in oro zecchino (codice 0625)

Interessante documento storico Savinese, questo dipinto che raffigura l’episodio del miracolo delle campane durante l’assedio di Monte San Savino. L’opera è ascrivibile al pittore locale Domenico Sozzini che oltre ad essere  documentato come ritrattista ( ritratto di Vittoria della Rovere  del 1670 nella quadreria  del palazzo Comunale) è forse più importante per aver  dipinto episodi ed immagini legate alla storia di Monte San Savino .Si ricorda, conservato nella sede del Palazzo Comunale, il dipinto con i Santi Savino e Vitale in adorazione della Madonna delle Vertighe ,ambedue i dipinti sono databili alla seconda metà del secolo XVII. Lo stile pittorico del Sozzini è ancora legato al linguaggio cortonesco che si manifesta maggiormente nei dipinti di tema religioso, come si può notare nel dipinto della Pieve Vecchia a Monte San Savino, con la Vergine in gloria col Bambino tra i Santi Ludovico,Filippo Neri e Francesco.

Oggetto: dipinto su tela
Soggetto: “Ritratto del patrizio Alex Galletti”
Epoca: datato 1768
Autore: ignoto pittore  toscano
Tecnica o materia: olio su tela
Misure: cm.85   X cm.72
Ubicazione:  Confraternita della Misericordia, Monte San Savino (Ar) (codice 0480)

Dipinto raffigurante il Vescovo Alessandro Galletti, così come riporta l’iscrizione:

ALEX.r.GALLETTI.SAVINAS.PATRITs.ARRETs.EPUS.COADr.VOLATERs/IN.SUMMEOBSERVANTIE AC VERI GRATI AMI ARGUM CLERUS SECULs SAVINENSIS 1768.

Di classica impostazione tardo barocca, il dipinto è il tipico ritratto ufficiale a carattere celebrativo ed è ascrivibile ad un pittore toscano, di ambito locale, attivo intorno alla fine del secolo XVIII.

Oggetto: dipinto su tela
Soggetto:Decollazione del Battista
Autore: ignoto pittore toscano  (1569-dopo 1624)
Epoca: prima  metà secolo XVII
Tecnica o materia: olio su tela
Misure: cm.136 X 95 cm
Ubicazione: Compagnia della  Misericordia, Monte San Savino (Ar) (codice 0481)

Il soggetto del dipinto raffigura la “Decollazione del Battista”.  Nel cortile del carcere, il santo è raffigurato in ginocchio, con le mani legate dietro la schiena, davanti a lui il boia armato di spada,  tiene la sua testa  mozzata, porgendola verso un vassoio sorretto da Salomè, con accanto una ancella. Assistono all’esecuzione Erode ed Erodiade.

L’opera è il pendant di  un altro dipinto dello stesso autore, che raffigura “La nascita di Maria”.

Di discreta qualità pittorica, i dipinti sono ascrivibili ad una stessa mano e ad un pittore toscano che risente ancora di certe influenze tardo manieriste  romano- fiorentine della prima metà del secolo XVII.

Una serie di considerazioni stilistiche permettono di riferire l’opera all’ambito di Michele Vestrucci., pittore montevarchino attivo in territorio aretino  intorno alla metà del secolo XVII.

Oggetto: dipinto su tela
Soggetto: Nascita di Maria
Epoca: prima  metà secolo XVII
Autore: ignoto pittore toscano
Tecnica o materia: olio su tela
Misure: cm.136 X 95 cm
Ubicazione: Confraternita della Misericordia, Monte San Savino (Ar) (codice 0479)

Il soggetto del dipinto, raffigura la “Nascita di Maria”. La  scena è ambientata all’’interno di una stanza, con Anna sullo sfondo, distesa nel letto e assistita dalle levatrici, in primo piano, una di queste porge ad Anna  Maria appena nata. Accanto al letto,seduto su di una sedia, è raffigurato Giovacchino   nell’ atto di scrivere.

L’opera è il pendant di  un altro dipinto dello stesso autore, che raffigura La “Decollazione del Battista ”.

Di modesta qualità pittorica, i dipinti sono ascrivibili ad una stessa mano e ad un pittore  di ambito locale che risente ancora di  influenze   romano- fiorentine , tardo manieriste della prima metà del secolo XVII. La figura di Giovacchino scrivente è ripresa  fedelmente, in maniera speculare , nel dipinto attribuito al pittore montevarchino Michelangelo Vestrucci, raffigurante  la” Natività del Battista”, che si trova conservato a Foiano della Chiana,nella chiesa di San Martino.

Oggetto: dipinto su tela
Soggetto: “ Santissima Trinità”
Autore ignoto pittore senese
Epoca: prima metà del secolo XVII
Tecnica o materia: olio su tela
Cornice: listello dorato
Misure: cm. 174 x cm. 104
Ubicazione: Confraternita della Misericordia, Monte San Savino (AR) (codice 0624)

L’immagine della Trinità è qui ispirata sulla centralità della colomba dello Spirito Santo. Ai lati, sullo stesso piano, sono : Dio Padre raffigurato come un uomo anziano, con in mano lo scettro e sulla testa l’ aureola triangolare.

Alla sua destra, il figlio, come riportato nel Vangelo secondo Matteo (26,64) : d’ora innanzi vedrete il Figlio dell’uomo seduto alla destra di Dio. Ambedue hanno una mano appoggiata sul globo celeste, posto al centro del dipinto, tutt’ intorno una gloria di angeli e cherubini.

L’opera  presenta stilisticamente riferimenti con la cultura senese, come si evince nella raffigurazione della gloria degli angeli che s’irrompe nel cielo sovrastando la composizione di  luce divina e  di modi narrativi semplici, pur non abbandonando la tradizione di tema mistico di forte suggestione.

Il pittore è intriso di memorie  e di un colorismo tipico dei senesi  e richiama i modi e l’ambito  di Pietro Sorri ( Siena 1556-1630),pittore dalle molteplici esperienze culturali che lo portano a lavorare a Venezia Genova,Pavia insieme con il collega Alessandro Casolari.

Oggetto: dipinto su tela
Soggetto: San Filippo Neri
Autore: ignoto pittore toscano, Francesco Giovannoni ?
Epoca: fine  secolo XVII
Tecnica o materia: olio su tela
Cornice: coeva, in legno modanato ,laccata in nero con decorazioni angolari a prezzemolo
Misure: cm. 67  x 73  cm.;  cornice :cm. 87 x cm. 73
Ubicazione: Confraternita della Misericordia, Monte San Savino (AR) (codice 0040 Cornice, 0041 Quadro)

Ritratto celebrativo – devozionale di San Filippo Neri ascrivibile con tutta probabilità, al pittore savinese Francesco Giovannoni, autore di una serie di ritratti di uomini illustri   facenti parte della quadreria del Comune di Monte San Savino e attualmente esposti nel Museo del Cassero. L’opera è corredata da una bella cornice in legno modanato, laccata di nero con ornamentazioni in oro di stile senese.

Oggetto: dipinto su tela
Soggetto: Madonna col Bambino e San Giuseppe
Autore: ignoto pittore toscano
Epoca: secolo XVII
Tecnica o materia: olio su tela
Cornice: il legno intagliato e dorato
Misure: cm. 74  x 48 cm. ; cornice : cm.90 x cm. 64
Ubicazione: Confraternita della Misericordia, Monte San Savino (AR) (codice 0039 Cornice, 0038 Quadro)

Questa sacra famiglia, rappresenta dalla  Vergine col Bambino e San Giuseppe è un’iconografia molto diffusa in  ambito toscano  e divenne molto popolare a partire dal secolo XVI. Di modesta qualità pittorica il dipinto risponde a delle caratteristiche prettamente devozionali che derivano da schemi stilistici desunti dalla pittura fiorentina della fine del secolo XVII, ispirati nella composizione a più celebri prototipi raffaelleschi mediati attraverso le opere del Correggio .

Oggetto: dipinto su tela
Soggetto: San Savino
Autore: ignoto pittore toscano
 Epoca: secolo XVII
Tecnica o materia: olio su tela
Cornice: in legno intagliato, modanato, laccata in verde con angolazioni dorate a foglia d’oro
Misure: cm. 111 x  84 cm. ; cornice: cm. 136 cm. 110
Ubicazione: Confraternita della Misericordia, Monte San Savino (AR) (codice 0051 Cornice, 0050 Quadro)

A figura intera, con il volto rivolto verso l’alto, San Savino è  vestito con abiti vescovili, con la mitria sulla testa, mentre aiutato da un angelo tiene con una mano il “la cittadella di Monte San Savino” . Alla sua sinistra, in basso, un angioletto sostiene il pastorale mentre in alto, a destra, un altro putto mostra  la palma, simbolo del martirio.

L’opera raffigura il Santo chiamato a proteggere il paese dal quale è investito dell’ufficio di patrono,secondo un modulo iconografico abbastanza diffuso e nell’atteggiamento di intercessione verso il Padre Eterno, affinché protegga il borgo da ogni pericolo.

Il paese di Monte San Savino è riprodotto entro le mura e si riconoscono:
il  campanile   della chiesa di  Sant’Agostino, la Pieve Vecchia , la torre del Comune, il Cassero, naturalmente in una prospettiva di pura invenzione.

Il dipinto, di discreta qualità pittorica, è giocato su tonalità cromatiche calde come  i verdi  e gli azzurri, che  conferiscono una notevole gradevolezza ed eleganza a tutto l’insieme. L’opera è ascrivibile cronologicamente  alla fine del secolo XVII ed ad un pittore di ambito locale della cerchia di  Domenico Sozzini.

Oggetto: dipinto su tela
Soggetto: “Madonna del Rosario  con i Santi Domenico e Caterina
Autore: Orazio Porta (1540-1615)
Epoca: datato 1583-84
Tecnica o materia: olio su tela
Cornice: il legno intagliato e  dorato
Misure: cm. 80 x 68 cm. ; cornice : cm. 114 x cm. 102
Ubicazione: Confraternita della Misericordia, Monte San Savino (AR) (codice 0043 Cornice, 0042 Quadro)

Tradizionale raffigurazione dell’immagine della “Madonna del Rosario”, molto frequente nella devozione cattolica dopo la Controriforma, la cui iconografia è ripresa da quella più antica della cintola. Di origine domenicana, ebbe grandissima diffusione nel secolo XVII.  La Vergine in trono, è circondata dalle figure di San Domenico e di Santa Caterina. L’opera fu realizzata appositamente per l’altare di Pieve intitolato alla Compagnia del Rosario che ne curava il mantenimento.

Il dipinto eseguito intorno agli anni 1583-84, è   ascrivibile al  pittore savinese Orazio Porta,  seguace di Giorgio Vasari, con cui si forma all’epoca della seconda maniera fiorentina, fu uno dei suoi più stretti collaboratori, anche a Roma e Firenze.

Oggetto: dipinto su tela
Soggetto:Madonna del latte e un angelo
Autore: ignoto pittore toscano, copia da Correggio
Epoca: seconda metà del secolo XVII
Tecnica o materia: olio su tela
Cornice: legno dorato e intagliato
Misure:  cm. 68  x  57cm. ;  cornice: cm. 80 x cm. 65
Ubicazione: Confraternita della Misericordia, Monte San Savino (AR), dal tabernacolo della fonte del latte,in località Pastina

Il dipinto è copia fedele di un celebre  dipinto del Coreggio, che  si conserva a Budapest. Il fascino di questa opera si concretizza nella delicatezza della luce e nella dolcezza dei volti,una scena di intimità  familiare che ebbe un successo e una diffusione enorme per tutto il secolo XVII  e oltre.

L’opera  proviene dal Tabernacolo della fonte del latte a Pastina ed è interessante testimonianza di una  particolare e sentita devozione locale verso questa immagine.  Di pregevole qualità, l’opera è probabilmente ascrivibile ad un pittore toscano attivo nella seconda metà del secolo XVII.