COMPAGNIA DEL PALLONE GROSSO

Prima ancora che il football, nato nell’Inghilterra vittoriana attorno alla metà del XIX secolo, imponesse un modello ludico universale, l’Europa giocava a palla con le mani e in Italia, in particolare, faceva da padrone il gioco del pallone col bracciale. Nato nelle corti rinascimentali, ma di antiche origini greco-romane, il pallone fu praticato dapprima da signori e da aristocratici nelle arene dei palazzi nobiliari e poi da borghesi e da popolani sulle piazze e slarghi delle strade acquisendo una popolarità straordinaria.

L’abilità dei giocatori, “nell’addomesticare” con un pesante attrezzo di legno irto di punte (bracciale) una capricciosa sfera di cuoio e scagliarla con precisione e vigore da una parte all’altra di un rettangolo da gioco, estasiava le folle. Tra la fine del Settecento e gli inizi del secolo successivo, con la costruzione di impianti specifici (sferisteri), con la codificazione delle regole, con l’organizzazione delle partite e il propagarsi del professionismo, il pallone assurse al ruolo e all’importanza di sport nazionale, acquisendo anche, le caratteristiche dello spettacolo pubblico modernamente inteso.

Numerose insigni testimonianze del tempo ci fanno conoscere il vastissimo seguito che il gioco aveva: Wolfgang Goethe, per esempio, ricordava di aver assistito, a Verona nel 1786, ad una partita in compagnia di altri quattro – cinquemila spettatori.
Il gioco del pallone grosso o col bracciale ha avuto una straordinaria popolarità a Monte San Savino, basti pensare che testimonianze del gioco sono documentate fin dal 1565 e che le ultime partite furono giocate alla fine degli anni quaranta del Novecento. In questo ampio periodo di tempo le vicende del pallone si legarono alla vita della comunità savinese.
Per secoli, in mancanza di altri spazi idonei, la piazza principale fu teatro delle sfide dei dilettanti locali, nonostante le denunce di abati e di badesse ”per il troppo libero parlare dei giocatori” e “le giornaliere questioni” con i commercianti costretti a chiuder bottega per evitare i danni causati dal pesante pallone.

La subordinazione dell’area urbana al pallone finì nel 1790 con la costruzione di un impianto specifico per il gioco, situato lungo le mura castellane fuori porta San Giovanni.
Non trascorsero molti anni perché il pallone savinese balzasse agli onori delle cronache per il valore di alcuni suoi giocatori, autentici campioni osannati dalle folle dei principali sferisteri italiani.
Tra i più celebri artisti del bracciale si segnalarono Agostino Frullani, Augusto Frullani e Dante Ulivi, immortalati anche dallo scrittore Edmondo De Amicis nel suo libro “Gli azzurri e i rossi”.

Nel 2006, si è costituita ufficialmente la Compagnia del Pallone Grosso inquadrata nella sezione ludico-sportiva della Confraternita della Misericordia di Monte San Savino, da sempre attivissima nel campo del volontariato e nella tutela delle tradizioni locali. I giocatori della Compagnia utilizzano per il gioco un bracciale cinquecentesco, con impugnatura esterna, simile a quello descritto ed illustrato da messer Antonio Scaino nel suo “Trattato del giuoco della palla”, pubblicato a Venezia nel 1555, e un pallone dal peso variabile tra i 400 e i 500 grammi.

La partita si svolge con tre  o quattro atleti per squadra (battitore, spalla e terzino/i) e consiste nel colpire la palla col bracciale al volo, o dopo il primo rimbalzo muro e rimandarla nel campo avversario
L’incontro si disputa, in genere, ai 5 trampolini, e ogni trampolino è costituito da 2 giochi. Ogni gioco  è formato, come nel tennis, da 4 quindici (15-30-40-gioco). Si aggiudica la vittoria la squadra che totalizza il maggior numero di giochi.